LAVORO NOTTURNO: DEFINIZIONI ED OBBLIGHI DI LEGGE
Il lavoro notturno è regolamentato dal D.Lgs. 66/03 “Riforma della disciplina in materia di orario di lavoro in attuazione delle direttive 93/104/Ce e 2000/34/CE”, dove in questo decreto troviamo le definizioni di periodo notturno e lavoratore notturno.
Il periodo notturno è il periodo di almeno sette ore consecutive comprendenti l’intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino, quindi dalle ore 24 alle ore 7 o dalle ore 23 alle ore 6 o dalle ore 22 alle ore 5.
Il lavoratore notturno alternativamente è:
- qualsiasi lavoratore che durante il periodo notturno svolga almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
- qualsiasi lavoratore che svolga durante il periodo notturno una parte del suo orario di lavoro, per almeno tre ore di lavoro notturno per un minimo di ottanta giorni lavorativi all’anno; il suddetto limite minimo è riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale” (orientativamente 1/3 dei giorni lavorativi annuali come 2 turni a settimana o 7 turni al mese).
E’ vietato adibire al lavoro notturno:
- donne in gravidanza dalle 24:00 alle 6:00 a partire dal momento dell’accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino;
- madre di un figlio sotto i tre anni o, in alternativa, padre convivente;
- madre adottiva o affidataria di un minore, nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia, e comunque non oltre il dodicesimo anno di età o, in alternativa ed alle stesse condizioni il padre adottivo o affidatario;
- unico genitore affidatario di figlio convivente sotto i 12 anni;
- lavoratore o lavoratrice con a carico un disabile ai sensi della Legge 104/92 e m. e i.;
- minori, sempre assolutamente vietato, tranne per specifiche deroghe ammesse dai CCNL.
La normativa sul lavoro notturno non si applica a dirigenti, personale viaggiante del trasporto e altri lavoratori che possono disporre autonomamente del proprio tempo di lavoro.
Il D.Lgs. 66/03 stabilisce, inoltre, che l’orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l’individuazione da parte dei contratti collettivi nazionali del lavoro, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite. Il Ministero del Lavoro ha specificato che, in mancanza di una esplicita previsione normativa, il limite può essere applicato su di un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa.
Il lavoro notturno è importante da non sottovalutare come rischio perché rappresenta una condizione di stress per l’organismo che sconvolge il normale ritmo del ciclo sonno/veglia, dormire di giorno ed essere svegli e attivi di notte è un’imposizione che il corpo umano fatica ad accettare e alla quale si ribella. L’organismo, infatti, ha un proprio ritmo biologico, che purtroppo non sempre si adatta alle esigenze del lavoro in questione. A breve termine si può andare incontro a problemi di salute come:
- disturbi del sonno;
- problemi digestivi;
- aumento di peso;
- disagi per le donne come irregolarità dei cicli mestruali, oltre a tensione psichica, ansia e disturbi del sonno in misura maggiore rispetto agli uomini;
- stress e cattive abitudini;
- problemi cardiovascolari.
In base al D.Lgs. 81/08 e s.m. e i.. è obbligatorio effettuare la sorveglianza sanitaria ai lavoratori che svolgono lavoro notturno, infatti il lavoratore per poter svolgere le prestazioni di lavoro notturno deve essere ritenuto idoneo mediante accertamento ad opera delle strutture sanitarie pubbliche competenti o per il tramite del medico competente aziendale.
Per quanto concerne il trasferimento al lavoro diurno, in caso di inidoneità al lavoro notturno, la normativa dispone che il trasferimento dal lavoro notturno è subordinato all’esistenza e alla disponibilità di un posto di lavoro la cui esecuzione sia relativa a mansioni equivalenti a quelle svolte. In mancanza di tali condizioni il datore di lavoro ha facoltà di risolvere il rapporto di lavoro per giustificato motivo oggettivo.
Segnaliamo che queste disposizioni di legge sono obbligatorie e il mancato adempimento è sanzionato a norma di legge. Il trattamento sanzionatorio in caso di violazioni è disciplinato all’articolo 18 bis del D.Lgs. 66/03. Violando il divieto relativo a donne in gravidanza nei casi citati sopra, il datore di lavoro è punito con arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 euro. Senza sorveglianza sanitaria è punito con arresto da 3 a 6 mesi o multa da 1.549 a 4.131 euro
Per qualsiasi dubbio e/o chiarimento in materia di sicurezza sul lavoro, Vi invitiamo a contattare il nostro Studio.